La mia umilissima opinione. Designer emergente o caso mediatico?

Questo è un post molto difficile da scrivere redarre. Innanzi tutto si parla di una delle persone più discusse, e non sempre in toni edulcorati, del web. Un autoproclamata regina del Fashion Blogging System, una persona che ora si presenta come un azienda. Chiara Ferragni. Che piace da matti o non la si può vedere. Non ci sono vie di mezzo.

Non sono qua per fare demagogia su quanto faccia pena oppure quanto sia fantastica, non me ne frega un tubero: l’unico punto di mio interesse è la sua linea di calzature. Con questo progetto si è “meritata” una mia recensione, essendo, le scarpe,  l’argomento cardine di questi atomi virtuali. Converrete con me se dico che nominarla in un articolo è cosa molto cauta da farsi, vero? Non per lei, ma per l’autore: se scrivessi le solite cazzate-cattiverie, farei sì ridere e magari svagherei un po’ i lettori di passaggio, ma non produrrei nulla di utile passando da hater superficiale e magari soloinvidiosa: è mio compito, invece, qua trattare seriamente la questione scarpe Ferragni, attraverso uno sguardo da persona esperta in calzature di tutti i lignaggi. Eccheccacchio, bando alla falsa modestia: io di scarpe ne so almeno un po’, credo…

Non ho, ufficialmente, aperto bocca, quando due anni fa circa, venne presentata la prima collezione: tronchetti in pelle di vario tipo e colore, ma dalla stessa identica foggia. Potevo dire la mia, ma mi sono ripromessa di volerci vedere più chiaro, deglutire il boccone indigesto e vedere cosa serbasse la seguente prova/collezione estiva. Cercando di credere in una possibile evoluzione del progetto.

Fino ad oggi, ho dovuto/voluto attendere, e adesso, alla soglia del giro completo (due collezioni invernali e due proposte estive) posso aprire il vaso di Pandora.

NO, non contiene la speranza, come accadde alla nostra cara Pollon, bensì un mucchio di disperazione. E ne elenco, ordinatamente, collezione per collezione i punti “total fail”, analizzando la sua proposta e il suo target.

Partiamo dal TRONCHETTO.

Esce per primo come proposta per far conoscere la passione della loro creatrice per le scarpe. Se non mi sbaglio di passioni ne ha così tante che ho perso il conto, in ogni caso avrei preferito si fosse buttata nel settore delle borse. Più eterogeneo e libero: le scarpe, soprattutto quelle che si posizionano negli alti livelli di made in Italy/lusso, devono rispondere a determinati e rigorosissimi requisiti.

Analizziamo il tronchetto, che per ammissione della designer, è stato proposto in quanto elemento versatile per la moda scarpe Autunno/Inverno, ed è verissimo le devo dar ragione, ma ahimè è anche la scarpa più difficile da realizzare. Per antonomasia è la calzatura che rischia di tagliare la figura impietosamente, e serve moltissima esperienza nel campo, prove e ricerche per trovare una linea (mi riferisco al taglio della calzatura) che sia abbastanza universale. Passiamo a tutti i punti che secondo me non sono stati una grande scelta:

Le cuciture con lembi sovrapposti al vivo: Osservando i tronchetti si nota che le cerniere e la sagomatura della tomaia nella parte anteriore ci sono cuciture con lembi di pelle lasciati al vivo. Questa soluzione è accettabile da brands medio-bassi, e rendono eccessivanete cheap-look anche il pellame migliore.

La cerniera: per dare maggiore risalto alla calzatura era doveroso scegliere delle cerniere metalliche, di maggior pregio, in grando di dare giusto risalto al lato posteriore di una scarpa di quel taglio. Ho notato che non cambia colore a seconda del pellame: il tronchetto rosso con la cerniera scura non si può vedere.

L’altezza alla caviglia, questa è la cosa peggiore. Probabilmente Chiara non ha mai avuto problemi di peso, e sono davvero felice per lei, o non sa cosa significhi avere le gambe gonfie per la ritenzione idrica…quell’altezza incerta sopra la caviglia li rende adatti solo a gambe da gazzella, indossabili solo da coloro che, per età preuberale o per costituzione di ferro, riescono a farsi andare largo quel diametro, a mio avviso piccolo. Chi come me ha esperienza con stivali e cerniere maledette sa che il collo del piede e la caviglia sono punti criticissimi. L’altezza perfetta, a mio avviso, era decisamente più bassa, leggermente sagomata verso il collo del piede, permettendo maggiore vestibilità e rendendoli perfetti anche per una gonna (e una gamba meno lunga e più tornita).

La punta a mandorla è un espediente a suo favore, ma non è in sintonia con in tacco effetto osso che ha scelto come suo vessillo: rende la calzatura sproporzionata se guardata di lato….sembrano infinite!

Il tacco effetto osso: era già stato usato, nessuna novità: sia Casadei, che Giana Meliani ne avevano già fatto uso massicciamente. Ho molto apprezzato il suo tentativo di creare un dettaglio di ricoscimento sui suoi modelli, certo è opinabile come scelta, ma è ognuno ha la sua firma. Io lo trovo troppo casual e un filino tamarro, però a seconda dello stile, può passare. Non si dica invece che il fatto che sia dipinto a mano ne apporti un pregio degno di nota: anche le sorpresine Kinder lo sono.

Risultato Si è cercato un compromesso che mettesse d’accordo troppe persone con una sola proposta: un minestrone che poteva uscire da un Bata qualsiasi, il prezzo proibitivo di 350€ circa li rende davvero difficili da piazzare, soprattutto per il target, adolescenti nella maggior parte, che segue la blogger. Il disegno della tomaia davanti, poi, li rende abbastanza brutti, il profilo andava più alto. Mi rendo conto che era sua intenzione accontentare le fans, ma dubito che sia stato un best seller. Certi colori troppo accesi: rosso e verde acido, sono stati troppo azzardati.

La collezione di Decolletees

Questa ha leggermente rialzato le sorti della questione, ma di certo non ha fissato nell’empireo degli ShoeDesigner la nostra blogger. Purtroppo si è riconfermato un design molto confuso, chiaramente ispirato a progetti esistenti  (decollete proposte da YSL e Louboutin nello stesso anno) e ha offerto davvero poco: pochi i colori disponibili e poco accezzati, tranne il blue, forse. Le texture, perchè il suede? Si doveva trattare di una colleziose estiva, no?

Cosa notiamo:

Una tomaia che già in fotografia si mostra rigida nella linea generale, e forse anche al tatto, presenta una certa disarmonia: la scollatura è incerta, la punta decisamente troppo massiccia, resa goffa dal plateau interno altissimo. Il tacco, non ci prende, sembra arrivare da un altra galassia: non si amalgama al design complessivo della scarpa e appare subito la stonatura. Quelle punte…con la cucitura centrale così accentuata: ho un paio do TopShop con lo stesso particolare, e devo dire che gli inglesi lowcost hanno camuffato meglio il “difetto” (la punta sembra più “spessa” del tallone”).

Il tacco effetto corno poteva starci con tonalità diverse, calde magari, e con dettagli etnici appena accennati. I colori scelti per questa proposta sono tutti molto invernali: il blue elettrico è, come dicevo, l’unico accettabile, ma il suede in estate è una scelta davvero coraggiosa: fa cheap immediatamente. Le altre tonalità, disponibili solo in pelle nappata, non rendono affatto: erano colori da proporre in suede, tutti quanti, e magari a ottobre. Fare una scarpa in pelle nappata di qualsiasi colore che non sia cipria, nero, rosso o blue navy è roba da professionisti. Viste di fianco lasciano intendere una realizzazione molto economica, il prezzo proposto, ancora una volta, è stato un potente freno: solo la decollete blue era acquistabile e solo ad un prezzo da Zara. Al massimo.

La collezione Sandali

Sono apparsi, poco dopo le decolletee, alcune proposte da sera: un sandalo-stivaletto traforato con tulle e uno con le piume: non voglio esprimere troppo a riguardo, in questo caso non si può fare nulla per negare l’evidenza e si vede che sono ispirate da altri designer. JimmyChoo per il sandalo traforato asimmetrico e la scarpa con le piume sembra assomigliare molto ad una creazione di Alaia, anche se si discosta maggiormente grazie al T-bar e all’open toe. Entrambe le creazioni, disponibili in un paio di colori, risultano molto abbozzate nel design, pesanti, poco rifinite e poco adatte alla figura anatomica del piede. Le piume scelte per il modello spuntato t-bar sono davvero in-azzeccate e, anzichè alleggerire, appesantiscono oltremodo il prodotto finito, essendo cortissime. Sinceramente, collezione poco riuscita: per quel prezzo (attorno/superiore le 400€) c’è molto di meglio, con i saldi anche le originali. E’ stata abbandonata la soluzione tacco in osso.

La collezione in vernice

(scusate è in suede, ma in vernice di non tarocche non ne trovavo ;( uff! cmq costano 100€ in più e sono Loubie..)

Se questa collezione, ad un occhio profano, può sembrare riuscita nelle proporzioni, è subito evidente, a chi conosce un po’ il panorama calzaturiero d’elite, che sono la copia più spudorata tra le sue proposte: e questo mi fa malissimo! Se vuoi creare una collezione a tuo nome, mettici del tuo! Il primo stivaletto era brutto, ma era TUO. Forse, che dietro questo progetto non ci sia il nobile intento di permettere ad una appassionata di moda di creare una linea di scarpe, ma il solo interesse pubblicitario di una anonima azienda di scarpe mediocri sfuttandone il nome? Oppure, ancora peggio, un complotto di entrambe le parti per spremere i denari alle seguaci gettando loro cenere negli occhi? Non voglio assolutamente pensarci! E’ troppo!

La vernice è un materiale ingannevole, non si sa mai se esalta la scarpa o la rende plasticosa, in ogni caso sembrano quelle realizzate con più criterio, ma chi può dirlo? Sono decisamente troppo “ispirate ” alle Banana di Louboutin. Chiara aveva dichiarato, se  non vado in errore, di aver desiderato assolutamente quel tipo particolare, apertissimo, di open toe, salvo poi scoprirlo identico sul modelo Lounoutin su citato. Come tutto del resto: la vernice, i colori, il plateau e il tacco. Anche se si tratta del modello Ferragni disponibile in più varianti di colore (e materiale, anche vernice + suede), addirittura in tre colori diversi per la variante azzurra, è di certo un colpo basso per le amanti della calzatura che con un po’ di fortuna possono prendersi le Loubie originali aggiungendo 100€ al prezzo delle Ferragni.

Collezione Biker e Sneakers

E’ stata da poco lanciata questa sua prima collezione non tacchizzata: prensenta una scarpa ginnica in pelle trattata effetto used, uno stivale tipo biker con delle borchie e ancora le decolletee in suede come quelle già presentate, anche se dalla piccola foto che ho potuto vedere sembrano migliorate nel design. Non è dato di sapere se il tacco sia o meno effetto osso. Collezione di cose trite e ritrite: potrebbe funzionare se puntasse ad un pubblico molto giovane con pezzi economici, ma essendo la sua collezione molto cara dovrebbe come minimo essere anche innovativa. I biker, le fashion victim li hanno già da anni, al massimo per quel prezzo puntano al modello di Choo. Le deco in suede non sono nulla di nuovo, se non nella nuance e credo che possano vendere solo in saldo, per quanto non bruttissime, le sneaker….oddyo non sono proprio il mio pane e non so quanto gli amanti del genere siano disposti a spendere per una scarpa da ginnastica che, per definizione, si rovina un sacco entro una stagione per l’usura….sicuramente anche questo modello è ispirato a brand già esistenti…tipo Golden Goose, ma ripeto, non ne so molto. Possono piacere, possono anche essere acquistate in virtù del fatto che il target della blogger è composto da giovanissime, i quali genitori sono più propensi al’acquisto di una scarpa “soft” che non un tacco alto…Non so. Credo che sia l’unica collezione che possa provare avendere tra tutte, ma nutro seri dubbi in quanto non ne conosco ancora i prezzi e non ci sono immagini belle nitide da studiare.

I prezzi: spiegazione

Molti hanno storto il naso di fronte alla realtà quando hanno visto i prezzi delle sue creazioni: ammettiamo pure che tutti ci si aspettava una versione medio-cheap delle scarpe di designer famosi per “avvicinare il pubblico all’alta moda”. Ci poteva stare. Eccome. Come ha fatto Paris Hilton, solo che lei, Paris, ci ha preso di brutto e vende grazie ai prezzi “contenuti”. Oppure collaborare con un designer esistente. Ma qua siamo in Italia e dobbiamo far valere il made in Italy…anche a costo di proporre i disegni ad una ditta che produce mediocremente, che forse ha modificato/semplificato al massimo i disegni originali (continuo a sperare nel mio cuore che il progetto iniziale fosse molto meglio, non posso credere che siano state disegnate così..) e che abbiamo chiesto un prezzo alto per la realizzazione….Ok, lo so che più se ne fanno produrre e minore è il prezzo al pezzo che la ditta chiede al designer…ma per venderle a quel prezzo (sproporzionatissimo, per la qualità che mostrano) o ne hanno chieste un numero piccolo-piccolo di paia (poche centinaia, per andare sul sicuro) oppure, spero di no, ci vogliono guadagnare in modo davvero poco felice sfruttando la fama della blogger/designer.

Questa è la mia umile opinione, non avendo mai potuto vederle dal vero potrei anche sbagliarmi, in caso simile ditemi tutto, o fornitemi le prove della loro qualità…Spero di non aver offeso nessuno, e chiedo scusa se ho usato foto trovate sul web.

Vorrei diventare una shoes opinionist, esiste questa figura? Ahahahha 😉

Ditemi tutto nei commenti! Baci.

Momo

17 comments

  1. D’accordissimo con te su tutto! la cosa che più m aveva fatto arrabbiare era la copia spudorata d brand famosi..che bassezza! quando sono sicura che un qualsiasi studente di moda avrebbe potuto proporre modelli più innovativi! ah già, ma lei non studia moda…dai Cazzo, ci volevano delle competenze che lei certo non aveva e ancora non ha. IMHO è un puro prodotto mediatico, D’altronde il fidanzato è laureato in marketing se non ricordo male!

  2. Il posto è stato esaurientissimo e non posso che essere d’accordo con te e Cat, per cui non aggiungo altro, se non “che tristezza”!

    PS: se una blogger va in tv a dire la sua sui piatti cucinati da semplici appassionati (Fuochi e Fiamme, La7), sì che può esistere anche una shoe opinionist! Perché non lanciamo l’idea di un programma in cui stilisti emergenti fanno esaminare le proprie creazioni? *_*

  3. Caso mediatico.
    Senza dubbio.
    Se fossi gnocca, venderei ogni mio vestito.
    Le sue scarpe sono scontate, copiate e sicuramente NON create da lei.
    In un’Italia di Grande Fratelli e trenini nei salotti tv, che ci si aspetta?

      1. ❤ grazie !!! però, dai, se fossimo modelle con il papi straricco, le nostre vite sarebbero molto molto più semplici. Soprattutto per chi ha la vena artistica.

  4. Complimenti per il post, sei riuscita ad andare oltre il personaggio Ferragni, e già per questo sei inattaccbile!!
    Che dire, hai ragione su tutto; la seguivo all’inizio e ricordo come se fosse ieri che diceva di portare poco i tacchi alti, di preferire ballerine e borse, ma le idee cambiano evidentemente; creare una linea di borse è forse più facile per un “profano”, ma se copi la it bag di un marchio famoso vieni linciata, le scarpe invece sono ancora territorio neutrale o quasi, guarda che sta succedendo alle suole rosse di YSL e Loubie 😉
    Ormai anche i sassi sanno che uno dei miei sogni è realizzare la mia linea di scarpe, ma siccome sono una rompiscatole non potrei mai metterci solo il nome: non sono un’esperta, questo è ovvio, ma qualcosa ne so quindi mi piacerebbe partecipare in prima persona, cosa che in questo caso, secondo me, non è stata fatta. Gli unici modelli in cui si sente la presenza di Chiara sono i biker boots, riflettono il suo stile, il resto….calma piatta e banalità disarmante!
    Diciamo che preferisco personaggi come Celine Soto, la blogger di “The Shoe Girl”, che crea scarpe per lavoro e ha appena lanciato la sua prima linea personale: ha condiviso dettagli e passaggi, ha saputo rispondere a chi l’ha accusata di plagio, si è saputa imporre insomma, cosa che farebbe chiunque ha da difendere qualcosa di suo, giusto o sbagliato che sia.
    I modelli di Chiara non mi piacciono, avrebbe potuto osare molto di più, dico tranquillamente che non ne comprerei nessuno, a prescindere dal personaggio che c’è dietro; a quei prezzi davvero compri Louboutin e Caovilla, anche a meno se li trovi in saldo, e la qualità, la storia, il valore sono giusto un pochino più alti!
    Ho scoperto che a Roma vendono i modelli CF, non so quali però, non nego che vorrei toccarli con mano per capire se davvero anche la qualità lascia a desiderare o se è solo un’idea che traspare dalle foto!
    Penso di aver detto tutto, ahah,, fermatemi!! Bellissimo post Momo… in bocca al lupo per oggi!

  5. Cara Momuccia,
    sinceramente ste scarpe di Chiarogna sono troppo simili a certi modelli che vedo qui in giro nei negozi pezzotti (leggi tarocchi) di Napoli… e se non ci credi ti faccio le foto, perché è proprio così! Sia come materiali che come modelli… peccato che questi rivenditori le prezzino 20 euro al massimo e non certo 300 come quella sciroccata.
    E poi… diciamoci la verità: ma qualcheduno se le compra queste scarpe? Si? E se si, di grazia, chi?
    fatecelo sapere, please.

  6. (Ehm, si dice ‘redigere’, non ‘redarre’ :-))

    Sono d’accordissimo sulle scarpe, ma essendo meno diplomatica di te il mio giudizio è: che ciofeche immonde XD Però quelle di vernice rosse sono perfette per una spogliarellista XD

  7. Momo, complimenti!
    Sei stata professionalissima, per niente soloinvidiosa e veramente da apprezzare per la grande ricerca e “morditura di lingua” che sicuramente avrai dovuto fare! 😉
    Sulle scarpe di questo fenomeno di marketing non mi esprimo, ho smesso da tempo di seguire ogni sua qualsiasi cosa

  8. Articolo perfetto,ho appena scoperto il tuo blog ma già lo adoro!Sei professionale divertente e sarcastica. 😀 Anche io un po’ di tempo fa avevo postato la mia opinione sulle scarpe CF sul mio blog,e concordo con te su tutto ciò che hai detto.Tralasciando il design nonpropriobellissimo,se fossero state vendute ad un massimo di 50 euro forse e dico forse avrebbero avuto più successo,perchè l’età massima dei lettori di Chiara sarà al massimo 18 anni,e solo pochi di loro le avranno comprate.Comunque credo che abbiano avuto proprio poco successo.Sul fatto che il brand che le ha dato la possibilità di creare la linea forse cerca solo più visibilità sfruttando la sua fama,può anche essere.Sarebbe poi molto deludente se il complotto fosse da entrambe le parti solo per spremere soldi alle fans.Comunque diciamo che concordo con Cat,è un puro prodotto mediatico ben studiato.Un po’ mi dispiace perchè all’inizio Chiara mi piaceva (parlo del 2009/prima metà del 2010 agli inizi) ma credo che ora si sia lasciata trasportare dalla notorietà,salterellando quà e là da una collaborazione all’altra senza criterio,passando da brand d’alta moda come Dior e Kenzo a low cost come Mango e Heach.
    Adesso mi fermo,evitando di scrivere un romazo!
    xx
    letacchettine.blogspot.com

  9. Condivido in pieno la tua analisi! Io i “decoltazzi” 😀 li ho visti dal vivo in una vetrina in centro e anche da vicino hanno una linea davvero sgraziata. Per quei prezzi poi mi sembrano proprio un furto. Da pittarello spulciando bene se ne trovano di meglio.

  10. Complimenti, sei stata esauriente, competente ed anche obiettiva.
    Concordo con te in tutto e per tutto (e non potrei fare altrimenti), ma è abbastanza ovvio che la ferragni ci mette esclusivamente la firma su quelle scarpe, non vede neanche i disegni nè si sarà mai preoccupata di capire come e dove le realizzano dal momento che nel post di ieri quando è andata a vedere la fabbrica calzaturiera di vuitton ha scritto “Pazzesco poter assistere a tutte le fasi di creazione di un paio di scarpe :D” da una che dice di disegnare scarpe ci si aspetta che almeno un paio di volta sia andata a veder come realizzano le SUE scarpe no?un minimo di esperienza la dovrebbe aver maturata per non stupirsi nel vedere “tutte le fasi di creazione”…si tira la zappa sui piedi da sola oltretutto 🙂
    un bacio
    E.

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